Scavi e ricerche a Uşaklı Höyük: il cerchio dei bambini perduti

La campagna di scavi 2025 rivela resti di infanti in un contesto rituale dell’età ittita

Si è da poco conclusa la campagna di ricerche 2025 della Missione Archeologica Italiana in Anatolia Centrale che ha visto archeologi e studenti dell’Università di Pisa impegnati negli scavi del sito di Uşaklı Höyük, in Turchia.

Uşaklı Höyük, il monticolo e parte della cosiddetta terrazza visti da nord (foto da drone). In basso è visibile l’area F con la Struttura Circolare; nella parte superiore dell’immagine si riconosce l’area A con il grande Edificio II. Sulla sommità della cittadella, lungo il margine meridionale, si trova il nuovo quadrato di scavo.

La squadra ha fatto rientro recando nuovi dati che gettano luce sulla millenaria storia del sito e aprono nuovi interrogativi sulle abitudini e sull’organizzazione delle comunità che vi abitarono. Le ricerche hanno permesso di chiarire aspetti finora poco noti relativi alla cosiddetta Struttura Circolare di età ittita, scoperta nel 2021, contribuendo a definirne la funzione e il contesto d’uso. Al tempo stesso, le indagini hanno restituito elementi preziosi per comprendere lo sviluppo dell’insediamento a partire dall’età del Ferro, offrendo nuove chiavi di lettura dei cambiamenti che accompagnano l’evoluzione delle strutture sociali e politiche. Accanto a questi risultati, la campagna 2025 ha portato alla luce anche testimonianze significative di epoche successive, che arricchiscono ulteriormente il quadro storico del sito e ne confermano il ruolo di lunga durata nella regione.

Studenti, operai e archeologi impegnati nelle prime fasi dello scavo di un nuovo quadrato dell’area F.

Le nuove indagini sulla cittadella e l’ampliamento dello scavo attorno alla Struttura Circolare

Tra la metà di maggio e la fine di luglio 2025 si è svolta la diciottesima campagna di scavo della Missione Archeologica Italiana in Anatolia Centrale, nell’ambito del progetto di ricerca italo-turco condotto presso il sito di Uşaklı Höyük, sull’altopiano dell’Anatolia centrale. Le attività sul campo hanno interessato tre aree del sito: due nella città bassa e una sulla sommità del monticolo, portando alla luce testimonianze riferibili a fasi cronologiche differenti.

In attesa della pubblicazione della relazione preliminare e della presentazione ufficiale dei risultati nelle sedi istituzionali, si offrono di seguito alcune anticipazioni che restituiscono un primo sguardo sulle attività svolte nel corso della campagna 2025.

Per la prima volta dall’inizio delle indagini, le ricerche condotte sulla sommità della cittadella di Uşaklı Höyük hanno permesso di ricostruire una sequenza di abitazioni e spazi aperti databili tra l’età del Ferro e il periodo ellenistico. Un elemento di interesse è l’assenza di fasi di occupazione medievale, documentate invece nella città bassa: un dato che conferma la scarsa idoneità della sommità del monticolo alla costruzione di edifici abitativi in epoca più recente. Sotto la superficie sono emerse tracce di aree aperte pavimentate in calce o lastricate con pietre, nonché una possibile struttura con basi di pilastri, forse parte di un edificio. Tra gli elementi più significativi si segnala il ritrovamento di un braciere in pietra a quattro piedi associato a un pavimento lastricato delimitato da un muretto e alla presenza in sequenza di vari punti fuoco: indizi che suggeriscono una continuità funzionale dell’area, la cui destinazione d’uso resta ancora da definire.

I dati raccolti nel corso dell’ultima campagna hanno permesso di rispondere a una delle domande che la missione si era posta fin dai primi anni di ricerca, con la scoperta dell’anomalia circolare sulla sommità della cittadella: quale fosse la sua natura e cronologia. Se alla prima domanda si era potuto dare risposta grazie a un saggio di scavo che aveva accertato trattarsi di un muro di cinta dell’acropoli costruito con grandi blocchi di pietra, le evidenze emerse quest’anno indicano chiaramente che la struttura appartiene a una fase più antica rispetto agli strati abitativi individuati sul resto della città bassa immediatamente al di sotto della superficie. I nuovi dati confermano dunque l’inserimento di questo elemento in un assetto monumentale sviluppatosi tra la tarda età del Ferro e il periodo ellenistico. Questo inquadrerebbe l’ultima fase della cittadella di Uşaklı nell’ambito del sistema di castelli documentati nella regione a partire dal periodo in cui i Frigi si stabiliscono poco più a occidente, fino all’arrivo dei Persiani e al successivo controllo galata di quest’area dell’altipiano centro-anatolico. Le caratteristiche architettoniche della struttura, insieme alla sua posizione dominante e alla sua lunga durata d’uso, suggeriscono che essa abbia svolto un ruolo centrale nella definizione del paesaggio fortificato della regione. Le nuove evidenze raccolte quest’anno consentono di inserirla con maggiore precisione nel quadro dei centri d’altura che tra la tarda età del Ferro e il periodo ellenistico strutturano la geografia politica e insediativa dell’Anatolia centrale.

Lo scavo ha messo in luce, nelle porzioni basse di un saggio esplorativo (a 4 metri di profondità dalla superficie), anche gli strati che datano alla tarda età del Ferro e raggiunto un deposito di distruzione che dovrebbe essere datato alla media età del Ferro, stando al repertorio ceramico associato. Il ritrovamento di questo contesto caratterizzato da pietre bruciate, frammentate e ceneri rappresenta un dato di rilievo per la ricostruzione delle fasi più antiche dell’occupazione della cittadella. Da questo contesto provengono anche diversi campioni di carboni che potrebbero fornire indicazioni preziose per una datazione assoluta più precisa e contribuire così a chiarire il quadro cronologico della media età del Ferro, ancora poco documentata nei livelli superiori del sito. I risultati attesi da queste indagini aprono interessanti prospettive sulla storia dell’acropoli e sulle trasformazioni che l’hanno investita nei secoli successivi.

Un piano coperto di cenere nel saggio dell’Area K.

Nuove evidenze dall’Area F: la fase dell’insediamento ittita e il contesto della Struttura Circolare

Un focus significativo della campagna 2025 è stato dedicato all’ampliamento delle indagini nei settori che hanno restituito tracce riferibili all’occupazione ittita del sito, databile alla seconda metà del II millennio a.C., in particolare nelle aree della terrazza situate a nord della cittadella.

Lo scavo nell’Area F, ha portato alla luce alcuni muri in relazione alla cosiddetta Struttura Circolare, già esposta nel corso degli anni precedenti (si rimanda alle comunicazioni pubblicate in chiusura delle campagne 2022-2024). Questi nuovi elementi sembrerebbero riferibili a una fase tarda del periodo ittita e indicherebbero una riorganizzazione dello spazio nella porzione ad occidente della struttura, che in origine doveva essere libero. È significativo, però, che tali muri rispettino la presenza della Struttura Circolare, la cui funzione sembra essersi mantenuta nel tempo, come dimostrano anche le stratificazioni dei lastricati rinvenuti sul lato orientale.

Un dato di particolare rilievo è legato alla scoperta, proprio nel terreno che copre il lastricato orientale, di un dente appartenente a un infante. Questo si aggiunge a un altro ritrovamento, lo scheletro quasi completo di un altro infante e a quello di un neonato, e ai resti parziali di altri quattro individui in età perinatale. Non si tratta di vere e proprie sepolture in fossa, ma di ossa deposte in associazione con concentrazioni di resti animali, cenere e frammenti di contenitori ceramici o sparse. Un contesto tanto enigmatico quanto prezioso, soprattutto perché le fonti scritte non forniscono informazioni chiare sui rituali o pratiche di trattamento dei resti dei bambini defunti in epoca ittita. In generale, sappiamo che nelle società del Vicino Oriente antico ai bambini era spesso riservato un trattamento distinto rispetto agli adulti: i loro resti non venivano collocati nei cimiteri, ma talvolta deposti all’interno delle abitazioni, di contenitori ceramici o in luoghi specifici. In alcune culture del Mediterraneo, come nel caso dei tofet delle città fenicie e puniche, esistevano aree destinate proprio alla deposizione dei resti in urne di bambini molto piccoli e, talvolta, anche di piccoli animali. A Uşaklı Höyük, i dati ancora preliminari fanno ipotizzare l’esistenza di uno spazio con una funzione simile: un’area destinata ad accogliere i resti di bambini deceduti, strettamente connessa all’enigmatica Struttura Circolare. Sebbene le informazioni attualmente disponibili non consentano ancora di ricostruire in dettaglio il contesto, il legame tra i resti di infanti e l’architettura monumentale appare ormai evidente.

Resti di animali trovati in una grande fossa di epoca tarda dell’area F.

Il ritrovamento del dente è di particolare importanza, non solo per la possibilità di ottenerne una datazione assoluta, ma anche perché, grazie al suo stato di conservazione e al contesto stratigrafico accertato, potrà fornire dati fondamentali per l’analisi del DNA. Vista la rarità dei resti scheletrici attribuibili a questa fase, questo singolo reperto rappresenta un’opportunità unica per approfondire la conoscenza biologica delle genti che abitavano il sito. Di questo racconteremo non appena i gli antropologi del laboratorio Human_G dell’Università di Ankara avranno condotto a termine lo studio.

Nel complesso, le indagini di quest’anno hanno riacceso l’attenzione sul potenziale informativo di quest’area e stanno contribuendo a delineare una visione più articolata della presenza ittita a Uşaklı Höyük. In particolare, stanno permettendo di approfondire la conoscenza della Struttura Circolare dell’Area F, gettando nuova luce sulla sua probabile funzione rituale e sul ruolo centrale che essa potrebbe aver avuto nell’organizzazione dello spazio sacro e comunitario dell’insediamento.

Materiali, dati e contesti: il racconto dei reperti attraverso le analisi specialistiche

Una parte rilevante delle attività sul campo ha riguardato lo studio dei manufatti, dei resti faunistici, dei semi e dei carboni recuperati durante scavo. Questi materiali rappresentano una risorsa fondamentale per ricostruire la storia dell’insediamento non solo attraverso l’analisi di monumenti, architetture e degli oggetti di valore, ma anche grazie alle tracce lasciate dalla vita quotidiana: dagli animali allevati e cacciati, e dai gesti più semplici, come preparare un pasto o realizzare un utensile.

Il lavoro sul repertorio ceramico ha richiesto un grande impegno in termini di tempo e personale. Oltre alla documentazione e alla registrazione sistematica dei frammenti rinvenuti, sono proseguite le campionature per lo studio dei residui organici conservati all’interno dei contenitori, con l’obiettivo di comprendere le sostanze con cui questi vasi venivano a contatto durante l’uso. Durante la visita di due giorni di una troupe di cineoperatori, impegnata nella realizzazione di un documentario di produzione franco-tedesca, è stata ripresa anche la sperimentazione delle pratiche di cottura. In questa occasione sono stati preparati e cucinati alcuni alimenti utilizzando riproduzioni di grandi piatti da fuoco, replicando tecniche e gesti dell’epoca. Le superfici dei piatti sperimentali sono state poi predisposte per un nuovo ciclo di analisi nei laboratori specializzati, con l’obiettivo di confrontare i residui organici formatisi durante l’uso con quelli conservati sui reperti originali provenienti dallo scavo.

Nel corso della campagna si è inoltre arricchito il repertorio delle ceramiche dipinte e si è potuto approfondire lo studio delle classi ceramiche riferibili al Bronzo Tardo e all’età del Ferro. Grazie alle indagini nelle aree F, I e K, è ora disponibile una sequenza continua di contesti che va dal XVI secolo a.C. ai primi secoli dell’Era Comune.

Accanto alla ceramica e agli altri manufatti, anche i resti botanici e faunistici si sono rivelati di grande utilità per ricostruire l’ambiente e le pratiche alimentari delle comunità antiche. La campionatura dei terreni di riempimento di fosse o raccolte sui pavimenti e in altri contesti sensibili (in prossimità di focolari, ad esempio) ha permesso, una volta flottati, di recuperare materiali da sottoporre il prossimo anno ad analisi da parte del paleobotanico impegnato ad ampliare e approfondire la ricostruzione del contesto ambientale antico. Lo studio dei semi ottenuti da campioni di terreno raccolti e flottati in precedenti campagne, ha già fornito preziosi indizi sulle pratiche alimentari delle comunità antiche e sull’ambiente naturale in cui vivevano.

Durante l’ultima campagna sono proseguite le analisi sui resti animali rinvenuti, nell’ambito delle ricerche volte a ricostruire la dieta, le pratiche di allevamento e di caccia, nonché i diversi usi degli animali nella vita quotidiana e rituale degli abitanti dell’antico insediamento. Il riconoscimento e la classificazione dei resti ossei hanno permesso di identificare numerose specie animali associate ai livelli di epoca ittita: pecore, capre, bovini, maiali, cavalli e cani, ma anche selvatici come cervi, caprioli, mufloni, cinghiali, volpi, donnole e persino ricci. Questa varietà riflette un paesaggio eterogeneo, in cui le aree abitate si alternavano a spazi coltivati e a zone boscose. I segni di taglio presenti su molte ossa testimoniano attività di macellazione, disossamento e preparazione della carne, fornendo una finestra concreta sulle abitudini quotidiane degli antichi abitanti. Lo studio dei resti animali è stato esteso anche ai livelli più recenti, tra l’età del Ferro e il periodo ellenistico. In questi contesti, le specie predominanti risultano essere caprovini, seguiti da bovini, cavalli, asini e cani. Particolarmente interessante è il riempimento di una grande fossa nell’Area F, in cui sono stati rinvenuti resti di animali interi (tra cui almeno un cavallo, due asini, diversi bovini, caprovini, due maiali e una lepre) forse legati a pratiche rituali o a eventi collettivi. Nei livelli più recenti, esposti sulla sommità del monticolo, sono documentati accanto ai resti di caprovini, pollame domestico e alcune specie selvatiche come cervo, capriolo, cinghiale, lepre e pochi uccelli a testimonianza della continuità sul lungo periodo della gestione complessa delle risorse animali e di un’interazione attiva tra ambienti antropizzati e naturali.

A completare il quadro delle ricerche, un ruolo importante è svolto anche dallo studio della necropoli medievale individuata nell’Area G, sul limite della parte pianeggiante del sito, la cosiddetta terrazza. Questa necropoli di tombe a cista litica si era rivelata già interessante per la ricostruzione delle pratiche funerarie e lo studio delle paleopatologie degli individui, in un periodo di profonde trasformazioni sociali e culturali nella regione. Le indagini genetiche in corso su una famiglia sepolta in questo settore stanno restituendo dati di grande interesse sulla popolazione locale dopo la battaglia di Manzikert (1071 d.C.), in un contesto segnato dalla fine del controllo bizantino e dall’arrivo delle tribù turcomanne. Il team del laboratorio Human_G dell’Università Hacettepe di Ankara sta attualmente approfondendo l’analisi del DNA dei resti umani di Uşaklı Höyük in vista della pubblicazione dei risultati, che promettono di offrire nuove prospettive sul popolamento medievale dell’altopiano anatolico.

Uşaklı Höyük: uno sguardo rinnovato su millenni di storia

Le ricerche condotte a Uşaklı Höyük restituiscono un racconto vivido e stratificato del passato: un passato segnato da profonde trasformazioni nella forma dell’abitato, nei modi di occupare e sfruttare il territorio, e nelle dinamiche ambientali che hanno modellato il paesaggio dell’altopiano anatolico. Attraverso l’analisi dei resti materiali lasciati dalle comunità che vissero sul sito (oggetti d’uso quotidiano, resti alimentari, architetture), lo scavo archeologico consente di riportare alla luce storie silenziose, spesso dimenticate: quelle delle persone comuni, delle loro scelte, delle pratiche quotidiane, delle strategie di adattamento al contesto naturale e sociale. Si tratta di un patrimonio di conoscenze che va oltre le grandi narrazioni tramandate dai testi scritti o dalle vicende dinastiche, offrendo uno sguardo diretto e concreto sulla complessità delle società che abitarono questa parte dell’Anatolia. In questo senso, Uşaklı Höyük si conferma un osservatorio privilegiato sul mondo antico: un sito chiave per ricostruire la ricchezza della storia vissuta, quella che si lascia leggere nei gesti, negli oggetti, nelle tracce della vita di ogni giorno, e non solo quella raccontata.

Negli ultimi diciotto anni, Uşaklı Höyük è stato al centro di un intenso programma di indagini archeologiche condotte da un’équipe internazionale composta da archeologi, specialisti e studenti di numerose università italiane e straniere. Grazie a questo lungo e articolato lavoro è stato possibile ricostruire, strato dopo strato, la storia millenaria del sito, oggi riconosciuto come punto di riferimento per lo studio dell’altopiano anatolico centrale.

Le prime ricognizioni di superficie, effettuate tra il 2008 e il 2012, hanno preceduto l’avvio degli scavi sistematici nel 2013. Le ricerche hanno messo in luce una sequenza insediativa molto ampia, che documenta un’occupazione quasi ininterrotta dalla fine del Bronzo Antico (ultimi secoli del III millennio a.C.) fino all’età medievale, con tracce ancora più antiche, forse calcolitiche, e sporadiche evidenze di età ottomana (XV–XVI secolo d.C.).

Il crollo di un muro in pietra durante le fasi di scavo.

Tra i risultati più significativi degli ultimi anni si segnala la scoperta di importanti edifici monumentali, insieme al rinvenimento di tavolette in cuneiforme che restituiscono uno spaccato prezioso del periodo ittita. Proprio in questa fase storica, che vede l’affermarsi di una potenza, quella degli Ittiti – una popolazione che parlava una lingua indoeuropea che emerge rapidamente sulla scena storica del Vicino Oriente e del Mediterraneo orientale, diventando uno dei protagonisti assoluti del suo tempo –, Uşaklı Höyük fornisce dati cruciali per comprendere l’organizzazione politica, religiosa ed economica della regione.

Lo scavo di due grandi complessi architettonici identificati sull’acropoli e nella zona meridionale della città bassa che dominano l’insediamento e la cui importanza è ulteriormente enfatizzata dall’uso del granito come materiale da costruzione, suggerisce la presenza di funzioni cerimoniali o amministrative di alto livello. Dal 2021, l’attenzione si è estesa anche a una struttura circolare in pietra, la cui funzione è ancora oggetto di studio e dibattito.

Accanto alle architetture, sono emersi numerosi materiali che gettano luce sulla vita quotidiana: la ceramica, i resti faunistici e vegetali raccontano le abitudini alimentari, l’organizzazione sociale e le trasformazioni ambientali nel corso del tempo. Questi dati permettono di affiancare alla storia “ufficiale” – quella delle iscrizioni e dei palazzi – quella più minuta e concreta delle persone che hanno abitato il sito.

I dati raccolti rafforzano l’ipotesi che identificherebbe Uşaklı Höyük con Zippalanda, un’antica e significativa città ittita. Descritto come un centro di culto di un potente Dio della Tempesta, sede di un santuario e di una residenza reale, Zippalanda è menzionata in numerosi testi ittiti che ne attestano l’importanza. Si ritiene che l’Edificio II, scavato nella città bassa, possa essere il principale edificio pubblico della città, forse il santuario dedicato al Dio della Tempesta di Zippalanda, una divinità di spicco, talvolta identificata come figlio del grande Dio della Tempesta di Hatti e della Dea del Sole di Arinna, o del Dio della Tempesta del Cielo e della Dea del Sole della Terra. Questo dio era invocato come testimone nei trattati, elencato tra le divinità che ricevevano tributi da Alašiya (Cipro) e destinatario di offerte di animali selvatici da parte di specifiche categorie di sacerdoti o individui, come gli uomini lupo o gli ḫapeš.

Tra ricerca e cooperazione: il progetto archeologico a Uşaklı Höyük

Il progetto archeologico italo-turco in corso a Uşaklı Höyük si propone di ricostruire, attraverso un’indagine stratigrafica di lungo periodo, le diverse fasi di occupazione del sito. L’obiettivo è comprendere l’evoluzione dell’insediamento e le sue trasformazioni nel tempo, con particolare attenzione alle dinamiche insediative in un’area, quella della regione di Yozgat, ancora poco esplorata sotto il profilo archeologico, ma attraversata per millenni da importanti direttrici di comunicazione. Un ulteriore focus della ricerca è lo studio dei livelli ittiti, rari nel contesto regionale, e il loro inserimento in una più ampia cornice storica e culturale.

La missione, l’unica a direzione italiana che opera su un insediamento ittita nel cuore dell’antico regno, poi divenuto impero riunisce un gruppo internazionale di archeologi, ricercatori e studenti. Il coordinamento scientifico è affidato all’Università di Pisa, in collaborazione con le università Koç (Istanbul), Siena, Firenze, UCL (Londra) e Bozok (Yozgat). Alla campagna di scavo 2025 hanno preso parte archeologi, ricercatori e studenti delle Università di Pisa, ANAMED Koç Istanbul, UCL Londra, Sapienza Università di Roma, Hacettepe, Glasgow, Kastamonu, Bozok Yozgat coordinati da Anacleto D’Agostino (Pisa), Valentina Orsi (ANAMED Koç Istanbule e Siena) e Yağmur Heffron (Londra). Claudia Minniti (Sapienza Università di Roma) ha condotto le indagini archeozoologiche sui resti faunistici e Yılmaz Selim Erdal (Hacettepe Üniversitesi Ankara) quelle paleoantropologiche sui resti umani. Hanno preso parte alla campagna di scavo i dott. Iolanda Cacozza, Sabina Calderone, Ylenia Viggiano, İrem Nogay, Neil Erskine, Murat Eroğlu, Günseli Gürel; gli studenti magistrali Cristina Napolitano, Gabriele Cambria, José Pedro Alves Cruz, Dušan Kaličanin; il disegnatore Sergio Martelli e la restauratrice Anna Maria Graziani. Il rappresentante sul campo del Ministero della Cultura e del Turismo di Turchia è stato il sig. Hasan Uğuz del Museo di Konya.

Il progetto archeologico a Uşaklı Höyük si svolge grazie a una concessione della Direzione Generale del Patrimonio Culturale e dei Musei del Ministero della Cultura e del Turismo della Repubblica di Turchia, assegnata all’Università di Pisa.

La campagna di scavo 2025 è stata resa possibile grazie al sostegno della Fondazione per l’Oriente Mediterraneo, del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dell’Università di Oxford (Gerald Averay Wainwright Fund Research Grant) e del Progetto di Rilevante Interesse Nazionale Ancient Landscapes of Anatolia in the Bronze Age – AlandA (2022M4WPFS), finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del programma Next Generation EU – Missione 4, Componente 1 (CUP I53D23000120006).

Un ringraziamento particolare va al Governatorato di Yozgat, all’Ambasciata d’Italia in Turchia e all’Istituto Italiano di Cultura di Istanbul, per il costante e prezioso supporto assicurato anche in questa stagione.

Di seguito i canali social del progetto:

Pagina Facebook @usaklihoyukProfilo Instagram @usakli_hoyuk

Torna in cima