Scavi e ricerche a Uşaklı Höyük, tra bioarcheologia e tracce di antichi rituali

Dopo più di due mesi di lavoro sul campo si è conclusa la campagna di scavo a Uşaklı Höyük (Turchia) e gli studiosi della Missione Archeologica Italiana in Anatolia Centrale hanno fatto rientro con nuove e preziose informazioni sull’abitato e per la ricostruzione del paesaggio antico.

I dati emersi dallo scavo contribuiscono a diradare alcuni dubbi sulla funzione della struttura circolare di epoca ittita scoperta nel 2021 e a ricostruire aspetti salienti legati all’uso del territorio e alle variazioni che hanno caratterizzato l’ambiente antico. I risultati della campagna di ricerche 2023 confermano che il sito offre un punto di vista privilegiato per indagare, in particolare, le forme dell’insediamento di epoca ittita e il contesto ambientale che fa da sfondo alla crisi dello stato alla fine del II millennio a.C. e al suo collasso.

Uşaklı Höyük ripreso in primavera da drone. Sulla terrazza si distinguono: l’area A, a sinistra, con il tempio ittita; l’area F, al centro, con la struttura circolare in pietre; e, in basso, l’area G; alla base del monticolo sono, a destra, l’area I e, a sinistra, l’area C, di profilo. I teli bianchi in tessuto-non-tessuto sono utilizzati per la copertura dei cantieri.

Gli scavi tra cittadella e città bassa

Tra la fine di aprile e gli inizi di luglio la Missione Archeologica Italiana in Anatolia Centrale è stata impegnata sul campo nel Progetto di Scavo Italo-Turco a Uşaklı Höyük (Yozgat). I lavori della sedicesima campagna hanno interessato cinque diverse aree collocate in punti diversi del sito e in relazione a resti appartenenti a periodi diversi.

È continuato lo scavo della necropoli individuata lo scorso anno nell’area G, sul limite della parte pianeggiante del sito, la cosiddetta terrazza, mettendo in luce tombe di epoca tardo romana e bizantina (in giara e a cista) risultate importanti per la ricostruzione delle pratiche funerarie e lo studio delle paleopatologie e del DNA, in una regione che vede in questo periodo avvicendarsi alle genti autoctone nuovi arrivati e trasformarsi in termini di popolamento.

Sulla pendice sud-orientale dello höyük è stata aperta una nuova trincea di scavo (area I) per approfondire la conoscenza del sistema di terrazzamento della cittadella dell’età del Ferro e scavare, alle quote più basse, lo spesso deposito di macerie e terreni bruciati provenienti dal vicino edificio III, datato all’epoca ittita (XV-XIII secolo a.C.) la cui fine è segnata da un imponente incendio. Tra i resti di questo grande incendio, individuati nella vicina area C, furono trovati, nel corso della ricognizione e delle prime campagne di scavo, frammenti di tavolette in argilla con iscrizioni in cuneiforme.

Il profilo del sito formato da un monticolo principale, che ha assunto nel corso del tempo la funzione di cittadella, e dall’ampia terrazza alla sua base dove sono in corso di scavo alcuni importanti edifici di epoca ittita (seconda metà del II millennio a.C.)

Una particolare attenzione è stata riservata all’estensione delle indagini sui resti del livello di epoca ittita (seconda metà del II millennio a.C.) individuato in due cantieri della terrazza, a nord della cittadella. Nell’Area A, dove gli scavi, iniziati nel 2013, stanno riportando alla luce l’imponente edificio II – del quale si conservano le fondazioni dei muri costruiti con grandi blocchi di granito sbozzati (spessore tra 2 e 3,5 m), oltre a una grande porzione di un pavimento di pietre a mosaico che rappresenta la più antica attestazione di questo tipo di realizzazione nel Vicino Oriente e forse del Mediterraneo orientale – il lavoro di quest’anno ha permesso di individuare quello che probabilmente è il limite meridionale della costruzione ed esporre, verso nord-ovest, una porzione dell’ala destinata ad ospitare i magazzini. Ricordiamo che l’edificio II presenta una planimetria articolata in blocchi di vani giustapposti e non simmetrici, dal perimetro irregolare, che è una caratteristica delle architetture templari ittite di più antica data.

Non lontano dal tempio, nell’area F, abbiamo continuato a mettere in luce la struttura circolare in pietra scoperta nel 2021 e il lastricato ad essa connesso. Il testimone lasciato lo scorso anno, a ridosso della porzione settentrionale del circolo, è stato rimosso e i terreni campionati per la flottazione. Quanto emerge arricchisce il quadro cha già abbiamo in parte ricostruito nelle precedenti due campagne ma non risolve i dubbi sulla funzione della costruzione. In particolare, la presenza di un ricco repertorio di resti faunistici, principalmente pecore e capre, e bovini in minor misura, ha permesso di osservare le tracce di attenti gesti di disarticolazione e, in alcuni casi, quasi di sfilettatura per il recupero della carne che non sembrerebbero presenti in altri contesti messi in luce nel sito. Questo fa pensare che potremmo essere in presenza di resti per i quali si richiedeva un lavoro di divisione delle parti macellate secondo gesti diversi da quelli ordinari, più attenti e forse connessi con un ambito speciale, verosimilmente quello delle offerte rituali; ma restiamo nel campo delle congetture, certo basate su osservazioni preliminari dei reperti, fintantoché lo studio archeozoologico non sarà giunto a termine.

Altrettanto interessante è quanto emerso dall’ampliamento dello scavo sulla corte lastricata. Nei pressi di un focolare, tra un accumulo di cenere, ossa animali e frammenti di contenitori ceramici, sono stati trovati gli scheletri parziali di due bambini, un ritrovamento enigmatico ma che rafforza la nostra ipotesi sulla specificità del contesto che stiamo scavando. Specificità che si inquadra nell’ambito rituale e delle attività connesse, verosimilmente, con la sfera religiosa data la prossimità all’edificio II, il tempio della città bassa. Tanto più che qui sono stati recuperati alcuni frammenti di intonaco dipinto a fresco con motivi geometrici e figurati di colore rosso e nero simili a quelli rinvenuti tra i resti bruciati dell’edificio III, sulla cittadella e in altri templi di Boğazköy, l’antica capitale Hattusa e, cosa importante, i frammenti di due particolari vasi fatti a forma di avambraccio e con la parte terminale, quella della mano, a coppella, usati per le libagioni. L’interpretazione della struttura rimane di difficile soluzione (per qualche ipotesi a proposito si veda la comunicazione pubblicata a chiusura della campagna di scavo 2022), ma i nuovi dati rafforzano l’ipotesi che si tratti di uno spazio speciale legato ad attività di ambito rituale.

Un frammento di vasetto rituale in corso di disegno. La parte che si conserva riproduce una mano che tiene una coppella. Questo tipo di oggetti dalla forma di un avambraccio era utilizzato per libagioni e muniti di un canale interno che terminava nella coppella permetteva di far defluire liquidi

Insieme ai piccoli oggetti e alla grande quantità di frammenti ceramici, oggetto di attento studio da parte degli specialisti della missione, semi e ossa rappresentano un’altra importante fonte di informazioni. L’analisi dei resti vegetali, condotti su campioni di terreno precedentemente raccolti e setacciati, e delle ossa animali, hanno fornito dati per lo studio delle abitudini alimentari e la ricostruzione del contesto ambientale antico. Accanto ai resti di specie domestiche (caprovini, bovini, maiali e cani) che rappresentano la maggior parte dei resti conservati, la presenza di animali selvatici (cervi, daini, caprioli, cinghiali, volpi tra gli altri) suggerisce che esistevano aree boschive in prossimità del sito laddove ora sono principalmente colline brulle. Lo studio dei carboni di legna, in programma per il prossimo anno, permetterà di ottenere ulteriori informazioni riguardanti la paleovegetazione nei dintorni del sito. L’analisi di semi e frutti ha restituito un quadro altrettanto interessante. I cereali e i legumi dominano il repertorio, insieme ad una ricca flora di piante infestanti e ruderali. Tra i cereali, molto diffusi sono l’orzo e il frumento a grano nudo, a cui si aggiungono, soprattutto in contesti dell’età del Bronzo Tardo, diversi tipi di farro. Lenticchie e vecciole, coltivi che ben si prestano al clima semi-arido dell’altopiano anatolico, sono i legumi di più comune rinvenimento. Più rari sono i frutti, con qualche esemplare di vinacciolo, mandorla e nocciola. In particolare, la presenza di un frammento di guscio di nocciola attesta che il sito partecipava in qualche modo alla rete di commercio di questo frutto, su base fitogeografica verosimilmente prodotto più a nord, a ridosso della costa del Mar Nero, e particolarmente ricercato in questo periodo come documentano le lettere che provengono dalla antica città di Kanesh in Cappadocia. Questi dati, in corso di studio da parte degli specialisti, verranno confrontati con i risultati delle analisi chimiche e dei lipidi sui resti dei contenitori ceramici in uno dei filoni principali di ricerca del progetto, che da anni stiamo portando avanti, relativo all’archeologia dell’alimentazione (qui un recente articolo per il grande pubblico: https://bollettinodiarcheologiaonline.beniculturali.it/wp-content/uploads/2023/06/2023_2_ORSI_et_al.pdf).

Le ricerche di paleobotanica, archeozoologia e paleoantropologia hanno permesso l’acquisizione di importanti dati ambientali provenienti da contesti archeologici stratificati la cui cronologia può essere determinata con certezza. Lo studio integrato di manufatti ed ecofatti permette di comprendere come l’uso del territorio e le abitudini alimentari si siano trasformate nel corso dei secoli in risposta anche alle trasformazioni sociali e politiche che la fine delle organizzazioni centralizzate e le economie ad esse legate hanno prodotto. I resti di cibo e degli animali abbattuti, gli specifici contenitori ceramici in uso permettono di ricostruire aspetti importanti relativi alle pratiche di cottura e sfruttamento delle risorse via via a disposizione dando nuovo impulso alla ricostruzione del paesaggio antico, a definire aspetti quotidiani legati alle ricorrenti crisi che lo hanno riguardato e alle risposte che la società ha saputo trovare nel corso del tempo.

Le ricerche a Uşaklı Höyük

I lavori condotti nel corso di sedici anni da archeologi, specialisti di varie discipline e studenti di università italiane e straniere, ha permesso di documentare una sequenza di costruzioni e manufatti che raccontano la storia millenaria del sito che è diventato di riferimento per questa parte dell’altipiano anatolico centrale. La ricognizione di superficie (2008-2012) e gli scavi, intrapresi a partire dal 2013, hanno rivelato tracce di una lunga occupazione iniziata alla fine del Bronzo Antico (ultimi secoli del III millennio a.C.) e protrattasi fino ad età medievale, con evidenze sparse delle fasi più antiche, forse di epoca calcolitica (IV millennio a.C.), e recenti, di periodo ottomano (XV-XVI secolo d.C.). Nel corso degli ultimi anni il lavoro degli archeologi ha permesso di riportare alla luce i resti di edifici monumentali e frammenti di tavolette con iscrizioni in cuneiforme, contribuendo alla ricostruzione di un periodo di primaria importanza per il Vicino Oriente e il bacino orientale del Mediterraneo, quando gli Ittiti, popolazione che parlava una lingua appartenente alla famiglia delle lingue indoeuropee, fanno la loro comparsa sulla scena e in poco tempo tra i protagonisti della grande storia. Accanto all’architettura pubblica, altri dati concorrono a definire un quadro ampio della società della seconda metà del II millennio a.C. I materiali ceramici, trovati in grande abbondanza, i resti faunistici e paleobotanici ci permettono di gettare luce sulla vita quotidiana, le pratiche legate alla preparazione e al consumo di cibo e bevande, il tipo di società che ne faceva uso e offrono elementi per ricostruire i cambiamenti sociali e ambientali che nel corso del tempo hanno interessato la regione.

Negli ultimi anni l’impegno è stato principalmente rivolto ad approfondire l’indagine del livello dell’età del Bronzo Tardo, allo scavo di due grandi edifici pubblici identificati sull’acropoli e nella porzione meridionale della città bassa – in posizione dominante nell’ambito dell’insediamento e la cui importanza è sottolineata anche dall’utilizzo del granito come pietra da costruzione – e dal 2021 la struttura circolare in pietra, la cui funzione non è ancora stata completamente chiarita.

I risultati delle ricerche rafforzano l’identificazione di Uşaklı con la città ittita di Zippalanda, importante centro di culto di un potente Dio della Tempesta, sede di un santuario e di una residenza reale e menzionata in diverse feste cui prendeva parte il re. Con molta probabilità, l’edificio II scavato nella città bassa è il santuario principale della città e luogo di culto del Dio della Tempesta di Zippalanda, figlio del grande Dio della tempesta di Hatti e della Dea del Sole di Arinna o, in altri testi, del Dio della Tempesta del Cielo e della Dea del Sole della Terra, menzionato come testimone nei trattati e nella lista di divinità che ricevono tributo da Alašiya (Cipro) oltre ad essere destinatario di offerte di animali selvatici da parte di alcune categorie di personale come uomini ḫapeš o gli uomini lupo.

Il progetto

Il progetto italo-turco di scavi e ricerche archeologiche a Uşaklı Höyük ha come obiettivo la ricostruzione delle diverse fasi di occupazione del sito al fine di tracciare sviluppo e trasformazione dell’abitato sul lungo periodo, far luce sulle forme che l’insediamento aveva assunto in un territorio poco conosciuto archeologicamente come quello della regione di Yozgat, attraversato da fondamentali vie di comunicazione attive per millenni, e contestualizzare i resti, rari nella regione, databili al periodo ittita.

La missione, l’unica a direzione italiana che opera su un insediamento ittita nell’area che fu centro del regno prima e poi dell’impero, vede impegnata una squadra di archeologi, filologi, ricercatori e studenti dell’Università di Pisa, che detiene la direzione, delle università di Firenze, Siena, Koç Istanbul, Bozok Yozgat, UCL Londra coordinati dai prof. A. D’Agostino (Pisa), Valentina Orsi (Siena e Koç), Giulia Torri e Stefania Mazzoni (Firenze), Yagmur Erskine Heffron (Londra), Demet Taşkan (Yozgat Bozok); la prof.ssa Claudia Minniti (Sapienza Università di Roma) ha condotto le indagini archeozoologiche sui resti faunistici, il prof. Yılmaz Selim Erdal (Hacettepe Üniversitesi Ankara) quelle paleoantropologiche sui resti umani, il dott. Lorenzo Castellano (New York University) si è occupato dell’analisi dei resti paleobotanici. Hanno preso parte alla campagna di scavo i dott. Giacomo Casucci, Giuseppe Facchetti, Joshua Britton, Marta Doglio e gli studenti Ilaria Carboni, Emily Cox, Alessia Fontini, Vittoria Malerba, Cristina Napolitano. Il rilievo topografico e le riprese da drone sono stati curati dal dott. Emanuele Taccola (Laboratorio LaDiRe, UniPi) e dal dott. Neil Erskine, i disegni dei materiali sono stati fatti dalla dott.ssa Elisa Girotto e da Sergio Martelli. Gli studenti dell’Università Bozok di Yozgat Arife Ak, Abdul Samet Başkal, Kerime Başkal, Gizem Çetinkaya, Nagihan Dalkılıç, Zeki Esen, Havva Güneş, Neriman İpek hanno condotto stages sul campo e contribuito allo scavo e al lavoro di preparazione dei frammenti ceramici per la successiva registrazione.

Il progetto a Uşaklı Höyük opera con una concessione decennale della Direzione Generale del Patrimonio Culturale e dei Musei, Ministero della Cultura e Turismo della Repubblica di Turchia, rappresentato sul campo quest’anno dal sig. Mehmet Yalçınkaya del Museo delle Civiltà Anatoliche di Ankara. La missione 2023 è stata resa possibile grazie ai finanziamenti dell’Università di Pisa (ProArcheo 2023), di OrMe Fondazione per l’Oriente Mediterraneo, del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dell’Università degli Studi di Firenze.

I risultati preliminari dell’ultima campagna di scavo sono stati parzialmente discussi il 7 settembre ad Ankara in occasione del 12o Congresso Internazionale di Ittitologia, ad Ankara il 17 ottobre in occasione del 43° Simposio Internazionale su scavi, ricerche e archeometria organizzato dal Ministero della Cultura e del Turismo della Repubblica di Turchia e a Istanbul il 16 novembre nell’ambito della 14a Edizione del Convegno su ricerca archeologica, ricostruzione storica e valorizzazione del patrimonio organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura.

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Rassegna web

Università di Pisa – Zippalanda: sulle tracce della “città santa” degli Ittiti, tra bioarcheologia e antichi rituali

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